Comi

Cosa mi mancherà del Servizio Civile

Napoli,

24 giugno 2023

Solo tre giorni fa sono tornato da quest’incredibile esperienza che è stato il mio anno di servizio civile con COMI a Malalhue, in Cile. Mi sento in un caleidoscopio di emozioni che ancora devo metabolizzare. La cosa più bella e che più mi manca di quest’anno adesso è la relazione con le mie alunne e i miei alunni dei corsi di chitarra e di italiano. Ho in mente l’immagine nitida delle dita di una mia alunna mapuche, che all’inizio erano goffe, ma in poche settimane iniziarono quella danza sulle corde di chi sta prendendo confidenza con lo strumento. Mi stupiva come ascoltare un bambino che impara a parlare. Sembrava qualcosa di magico: una persona anche grazie a me aveva imparato a usare un linguaggio nuovo, in grado di trasmettere emozioni anche al di là delle barriere linguistiche e culturali. Mi sentivo come un artigiano, un fabbro dell’immateriale, come se insieme alle alunne stessi forgiando qualcosa sul momento. Mi mancano i loro occhi vispi e curiosi, le battute, le risate che ci facevamo insieme, le confidenze che a volte mi hanno fatto. Una delle cose che più mi facevano piacere era di essere riuscito a costruire con alcune di loro delle relazioni autentiche, come pure il fatto che, almeno loro in quel contesto, non mi vedessero come “l’italiano”, ma come Luigi. La stessa alunna di cui parlavo prima all’inizio diceva, fra il serio e il faceto, che loro, per il fatto di non saper ancora suonare, erano “analfabete”. Uno dei momenti più belli del laboratorio, invece, fu quando lei fece un discorso per dire che imparare a suonare le era servito in termini di autostima. Ora, quando si vedeva con dei suoi parenti, diceva, mostrava quello che aveva imparato e cantavano insieme. Pensai che quello era l’obiettivo ultimo del laboratorio, ancor di più dell’imparare a suonare, che eravamo riusciti a portare a termine: costruire speranza (che è il motto del COMI) e far sì che le persone coltivino degli interessi, amino qualcosa, credano di nuovo in se stesse nonostante le molte problematiche di quel contesto, carente, fra l’altro, di spazi di aggregazione. Spesso sono uscito dalle mie lezioni (sia di chitarra che di italiano) facendo letteralmente i salti di gioia. Ho scoperto che mi piace molto insegnare in questi contesti di educazione non formale, anche se forse non mi piacerebbe in una scuola. Mi hanno ringraziato e alcuni mi hanno fatto addirittura regali. Alcuni alunni, prima che io partissi, mi hanno invitato a casa propria o sono venuti a trovarci a casa nostra, salutandoci con affetto. Mi hanno dato le prime soddisfazioni professionali della mia vita e non li dimenticherò mai. Mi sto sentendo con alcuni di loro. C’è chi mi chiede ad esempio: “Com’è l’Italia?”. Mi piace questo candore e questa curiosità di fronte alla mia diversità. Una volta delle mie allieve mi domandarono: “Ma tu quando sei venuto hai visto l’oceano dall’aereo?” E mi guardavano stupite come se venissi da un altro pianeta, stessa reazione di chi a volte mi chiedeva da dove venissi, per poi esclamare: “Dall’Italia?! Wow… e che ci fai qui in Cile?”. La condizione di straniero è a volte difficile, ma anche affascinante e dà una prospettiva per certi versi privilegiata sul contesto in cui si è inseriti: se da un lato all’inizio l’outsider spesso non conosce le dinamiche locali e si trova spaesato, dall’altro non è abituato alle contraddizioni di quella società e, proprio per questo, a volte può notarle e decostruirle meglio.

Mi mancherà anche avere la bella sorpresa di visite inaspettate da ragazzi che stavamo conoscendo (lì spesso la gente non avvisa prima di passare da casa di un amico o di un parente) e di trovarci a parlare e a scherzare con loro la sera fuori al giardino. Mi mancherà lavorare al Centro Comunitario e ascoltare le canzoni di Víctor Jara in sottofondo e mi mancheranno degli incontri casuali, come quello che ebbi con due impiegati della nettezza urbana, che, riconosciutomi come “l’italiano”, mi salutarono dicendo: “¡Hola Italia!”  e, dopo qualche chiacchiera e battuta, mi dissero: “¡Bienvenido a nuestro país!” (Benvenuto nel nostro Paese!). Piccole cose di una quotidianità fuori dagli schemi, tanto che varie persone in Italia non hanno capito assolutamente il senso di quello che sono andato a fare in Cile. Questa non convenzionalità e l’incontro fra mondi diversi mi stimolano e mi affascinano enormemente. Tale incontro non è sempre innocente o roseo e porta con sé le sue contraddizioni, ma anche una bella dose di leggerezza e uno sguardo ironico sul mondo.

Luigi Donadio

Casco Bianco COMI a Malalhue, Cile

Verso l’utopia dell’interculturalità

La differenza tra multiculturalità e interculturalità fa parte dell’ABC degli studi sociali, si apprende il primo giorno di lezione e ci accompagna lungo tutto il nostro percorso professionale. Questi due concetti sono così importanti da essersi diffusi dall’ambito accademico a quello quotidiano attraverso i mass media: è comune leggerli o ascoltarli nelle notizie legate alla questione dell’immigrazione, ma è facile confonderli o addirittura pensare che significhino la stessa cosa, dato che in molte occasioni questi media ne danno per scontato il significato, causando più disinformazione che informazione.

Per chiarire i dubbi, secondo il dizionario CEAR (Commissione spagnola per l’aiuto al rifugiato), il multiculturalismo si riferisce alla presenza nello stesso luogo di culture diverse che non sono correlate tra loro o che possono o meno avere un rapporto di coesistenza. Mentre secondo l’autore Carlos Giménez Romero, “l’interculturalità è un rapporto di armonia tra le culture; in altre parole, un rapporto di scambio positivo e di convivenza sociale tra attori culturalmente differenziati”.

Sulla base di queste definizioni, possiamo affermare che il Cile in generale e Malalhue in particolare sono un territorio multiculturale, dove la cultura cilena egemonica1 coesiste con culture come quella peruviana, venezuelana, boliviana, haitiana o mapuche. Quest’ultima, la cultura mapuche, è fortemente rappresentata dalla quantità di popolazione presente nel territorio: fino al 31,83% della popolazione della comuna di Lanco si dichiara mapuche2. Tuttavia, è una cultura che rischia fortemente di scomparire a causa della lunga storia di persecuzione, repressione e assimilazione forzata di questo popolo indigeno. Tanto che ci sono mapuche che ritengono che prima di entrare nell’interculturalità si deve recuperare e rieducare in tutto ciò che riguarda la cosmovisione mapuche, per evitare il rischio di accettazione e assimilazione di un’altra cultura dovuta all’ignoranza della propria. Nelle parole di Victorino Antilef Ñanco, ex membro della Commissione costituzionale e residente del Lof Mapu di Antilhue,

“Quello che bisogna fare è avviare, indurre un processo interno affinché la gente torni a valorizzare e praticare antichi saperi espressi in pratiche come la tessitura, l’oreficeria, la creta, i telai, il cibo, il che è un sistema abbastanza completo, sviluppato in ambiente Mapunche.”

 

 

La nostra ONG COMI vuole realizzare questa utopia che sembra essere l’interculturalità a Malalhue, ed è con questo scopo che realizziamo diverse attività, come la scuola di lingua italiana o l’evento Ethno Chile.

A seguito dell’incalzante richiesta della popolazione e grazie all’aiuto della nostra responsabile della sicurezza, nonché insegnante di storia del Liceo “República de Brasil”, Diosa del Rosario Villaroel Pineda, la scorsa settimana è stata inaugurata la scuola di italiano dopo che, con nostra sorpresa, si erano riempiti tutti i posti in due giorni dalla pubblicazione dell’attività.

La lezione inizia ogni mercoledì alle 18:30 nella biblioteca comunale “Gabriela Mistral”, dove gli studenti imparano le basi della lingua italiana, come i saluti e il vocabolario quotidiano, in un contesto di educazione non formale che funge da pretesto per svolgere un scambio culturale e linguistico tra le persone partecipanti.

Fra queste attività, va notato quanto sia stato importante per noi promuovere l’incontro internazionale di musica popolare Ethno Chile 2023 a Malalhue. Ethno è il programma dell’ONG Jeunesses Musicales International per musica folclorica, tradizionale e world music. Fondata nel 1990, si rivolge a giovani musicisti con la missione di far rivivere e mantenere vivo il patrimonio culturale mondiale. Al centro di Ethno c’è il suo approccio democratico di apprendimento tra pari in base al quale i giovani si insegnano a vicenda la musica dei propri paesi e culture. È una pedagogia non formale che si è affinata negli ultimi 33 anni, abbracciando i principi del dialogo e della comprensione interculturale.

Per questo evento abbiamo messo in contatto il gruppo di musicisti Ethno Chile (provenienti da Germania, Austria, Svezia, Francia, Italia, Estonia, Giappone, USA, Brasile e Cile) con il gruppo locale di musica mapuche Meli Kvrvf. Hanno trascorso la giornata condividendo e imparando insieme una canzone del gruppo e integrando gli strumenti tradizionali mapuche al resto dell’orchestra attraverso questa pedagogia non formale e democratica.

Guillermo Neftalí Jaque Calfuleo, membro del gruppo Meli Kvrvf nonché educatore tradizionale e artista culturale, del Lof Külche mapu, Puquiñe, nella comuna di Lanco, ci ha raccontato come ha vissuto l’esperienza:

“L’interazione è stata molto piacevole, molto intima, sincera per così dire. Siamo stati in grado di condividere, nonostante le barriere linguistiche, ciò che è la musica mapuche, il tema e presentare gli strumenti.

È stato molto arricchente potersi liberare dai pregiudizi in un’esperienza di condivisione con altre persone di altri luoghi e culture.

…non ci aspettavamo l’invito al concerto di chiusura a Villarrica e lo abbiamo accolto con grande gioia, è stata un’esperienza che non capita tutti i giorni, soprattutto per persone mapuche che fanno musica mapuche più tradizionale, una bellissima opportunità che resterà nella memoria per sempre.”

Come abbiamo accennato all’inizio, potrebbe sembrare che raggiungere l’interculturalità sia un’impresa impossibile, e, quand’anche fosse possibile, non è qualcosa che si ottiene in due giorni; deve essere promossa dallo Stato attraverso leggi, piani e programmi che diventino efficaci e approdino nella realtà di scuole, aziende, comuni, comunità ecc. E mentre tutto questo arriva, ci auguriamo che le nostre attività, se non realizzano quella comunione culturale, facciano presente la realtà multiculturale del territorio e ci avvicinino a quell’obiettivo a lungo termine che è l’interculturalità.

 

 

Manuel Pastor Tomás

Volontario COMI in Cile

 

 

 

1L’egemonia culturale si riferisce al dominio mantenuto tramite mezzi ideologici o culturali. Di solito si ottiene attraverso le istituzioni sociali, che consentono a chi detiene il potere di influenzare fortemente i valori, le norme, le idee, le aspettative, la visione del mondo e il comportamento del resto della società.

 

2Fonte: Censos de Población y Vivienda (Censimenti di Popolazione e Abitazione) 2002 e 2017, Instituto Nacional de Estadísticas (INE).

Le attività musicali del COMI a Malalhue, Cile (prima parte)

Le attività musicali del COMI a Malalhue, Cile (prima parte)

di Luigi Donadio

 

Ogni settimana, delle donne campesinas percorrono un lungo tragitto a piedi con una chitarra in spalla. Dalle comunità rurali mapuche entrano nella piccola cittadina di Malalhue e arrivano al Centro comunitario, sede della delegazione municipale del comune di Lanco, nel sud del Cile. Arrivano anche giovani e madri che portano i loro figli. Lì li aspetto io, accordiamo le chitarre e iniziamo.

Il laboratorio musicale del COMI (Cooperazione per il mondo in via di sviluppo), la ONG con cui stiamo svolgendo il servizio civile, è iniziato da circa due mesi e abbiamo due incontri settimanali, uno per il livello base e un altro per quello intermedio, con sette alunni in totale. Come tutte le attività realizzate dal COMI, è completamente gratuito, in accordo al principio di gratuità, che è uno di quelli su cui si fonda l’operato dell’ONG. Ci sono persone mapuche e cilene non indigene, bambini, adolescenti e alunne adulte.

«Ho 63 anni e voglio imparare a suonare la chitarra!»

è la prima cosa che ha detto un’alunna, come se si sentisse a disagio, come se per qualche oscura ragione fosse tardi. In un territorio complesso, carente di spazi per attività culturali e ricreative, dal clima freddo e piovoso (d’inverno si supera la media di 20 giorni di pioggia al mese), ognuno sospende i propri impegni quotidiani e per un’ora e mezza alla settimana si dedica a coltivare quest’interesse.

Telar (tessuto) mapuche che raffigura una mappa del territorio di Malalhue. Ogni rombo rappresenta una comunità indigena (lof), separata dalle altre da linee che equivalgono a fiumi o ad altri elementi naturali. Museo “Despierta Hermano”, Malalhue, Lanco.

Il laboratorio non mira solo a formare bravi chitarristi, ma soprattutto a far esprimere le proprie emozioni a bambini e adolescenti, che qui generalmente hanno un’attitudine passiva, e a creare aggregazione sociale fra diverse generazioni e culture, come quella mapuche e quella cilena non indigena. Qui ci sono grandi disuguaglianze economiche (soprattutto la minoranza indigena si trova tra le fasce più svantaggiate della popolazione), c’è un welfare assente o insufficiente, l’alcolismo e la tossicodipendenza sono diffusi fin dai 13 anni e si assiste a una forte emigrazione, soprattutto dei giovani. A queste problematiche prova a far fronte il nostro progetto di servizio civile, portato avanti dal COMI in stretta collaborazione col nostro partner locale MEDEMA (Mujeres Emprendedoras de Malalhue1). Il progetto si pone questi obiettivi:

·       favorire la transizione verso una maggiore uguaglianza sociale della minoranza Mapuche di Malalhue;

·       combattere dipendenze da Alcool e droga, specie fra i giovani;

·       rafforzare la motivazione personale dei giovani;

·       sostenere i giovani in un percorso di formazione ed empowerment2, per metterli in condizione di programmare e mettere in pratica il proprio progetto di vita professionale e personale.

Il progetto intende raggiungere questi obiettivi attraverso:

·        la valorizzazione e la diffusione della conoscenza del patrimonio culturale indigeno, soprattutto tra i giovani;

·       il rafforzamento delle possibilità professionali offerte dalle attività tradizionali;

·       potenziare la motivazione personale attraverso la trasmissione della conoscenza della storia e dell’identità indigena Mapuche tra i giovani della regione di Los Ríos per promuovere la crescita di individui più consapevoli.

Quindi, il nostro progetto ha due target principali di beneficiari: i giovani e i Mapuche. Questi ultimi, secondo il censimento del 2017 realizzato dall’Instituto Nacional de Estadísticas (INE), sono un popolo originario che rappresenta il 10% della popolazione cilena (1,7 milioni di abitanti), il 24% di quella regionale e il 31% di quella del comune di Lanco3. Questo territorio ha molte potenzialità, che però spesso non sono sufficientemente valorizzate, mentre potrebbero tradursi in sbocchi lavorativi, anche relativi alle tradizioni indigene. Un’area del progetto è la cosiddetta “palestra culturale”, che coinvolge le persone del posto in diverse attività, come una formazione sui diritti indigeni, un laboratorio di danze popolari europee, tenuto da Marta, e il laboratorio musicale. La musica è uno degli aspetti della loro cultura (assieme all’artigianato, l’agricoltura ecosostenibile, l’arte, il mapunzungun4, le piante medicinali e la filosofia indigena) che stiamo cercando di diffondere grazie a esperti e cultori locali.

Alcuni bambini che frequentano il laboratorio musicale si sono presentati, oltre che in spagnolo, anche in mapunzungun, lingua che qui viene insegnata anche a scuola e salvaguardata, tramite varie iniziative, dal pericolo di estinzione a cui sta andando incontro. Anche la conoscenza della propria cultura è meno diffusa che in passato fra i membri di questo popolo originario, soprattutto fra i più giovani. Ci sono mapuche che si fanno cambiare il cognome (uno dei tratti più evidenti dell’appartenenza al proprio popolo) o che comunque si vergognano della propria identità indigena, perché hanno interiorizzato una mentalità promossa da politiche statali spesso monoculturali e che negavano i diritti indigeni (ancora oggi, la Costituzione cilena vigente, varata nel 1980 durante la dittatura di Pinochet, non riconosce i popoli indigeni presenti nel territorio nazionale). Per questo, ascoltare dei bambini presentarsi in mapunzungun è stato emozionante per me.

Quando ci siamo presentati, ho chiesto a ognuno di dire come si era avvicinato alla musica e perché voleva imparare a suonare la chitarra.

«Mio padre aveva imparato a suonare la chitarra da suo padre e quando ero piccola la suonava con mucho corazón (con molto cuore, con molta passione, ndr)» dice un’alunna, mentre con la gestualità e l’espressione comunica molto di più che con le parole. «Era così bello ascoltare come esprimeva le sue emozioni…».

«Ho saputo che c’era quest’opportunità e visto che da tempo volevo imparare, mi sono detta: “Bene, questa è la mia occasione”» racconta un’altra partecipante. «Io lavoro nelle bancarelle del mercato nella piazza e ho visto che c’era una locandina affissa, poi ho parlato con il professore e gli ho chiesto se c’erano ancora posti disponibili. Nella mia famiglia nessuno suona la chitarra e nessuno mi poteva insegnare».

Ma soprattutto, ci sono alunne a cui non manca l’entusiasmo: «Sono qui perché ho voglia di fare tantissime cose, anche di imparare a ballare la cueca (la danza nazionale cilena, ndr)!».

Fin da subito, questo non è stato solo un corso di insegnamento tecnico di uno strumento, ma anche uno spazio di condivisione. Alcuni parlano delle proprie travagliate vicende familiari o di coppia. Sembra che qui le persone abbiano un grande bisogno di parlare con qualcuno. E io a volte non so bene come rispondere. Ascolto, cerco di essere empatico. Ma a volte mi sento molto impotente. Una volta ho detto loro che attraverso la musica si può esprimere ogni tipo di emozione e persino quelle peggiori, come per magia, si trasformano in qualcosa di bello, di artistico, e che ci avvicina agli altri, che abbiano età, lingue o culture diverse.

Non è stato facile iniziare, anche perché, come in vari progetti di servizio civile all’estero, c’è bisogno di una grande intraprendenza e inventiva per sperimentarsi in ruoli nuovi. Io, ad esempio, non avevo mai insegnato a suonare in un corso strutturato e saper fare qualcosa, ovviamente, non significa saperlo anche insegnare. Quindi, sono andato avanti per prove ed errori, ma soprattutto mi sono fatto aiutare da chi ha molta più esperienza di me, cioè l’associazione culturale “Papageno”, che realizza laboratori gratuiti di musica folclorica latinoamericana e mapuche in molte scuole del territorio. Sono andato a volte incontro agli inevitabili fallimenti di chi si avventura in territori a lui sconosciuti, ma provo una soddisfazione enorme quando vedo gli alunni esercitarsi e raggiungere risultati importanti. Mi emoziona vedere la scintilla che si accende nei loro occhi quando capiscono un concetto di musica che mi sembrava difficile da spiegare e, quando dalle loro dita inizialmente goffe esce il suono armonioso di un accordo, mi stupisce come sentire un bambino che inizia a parlare. Alcuni sono molto motivati e io pian piano sto gestendo il mio ruolo con più sicurezza. Stiamo provando una canzone per un concerto di fine anno, che si intitola Alulú e appartiene al patrimonio della musica folclorica cilena. È un villancico, cioè una canzone natalizia a tema religioso, che ha conosciuto molte versioni, fra cui spicca quella di Violeta Parra.

 (continua)

 

Luigi Donadio

Casco Bianco COMI a Malalhue, Cile

 

 

Note

1 “Donne Imprenditrici di Malalhue”.

2 Il termine indica i processi attraverso cui cittadini svantaggiati acquisiscono maggiore potere, tramite la partecipazione in associazioni cittadine e ad altri progetti socio-politici. Tali processi includono anche la conquista della consapevolezza di sé e del controllo sulle proprie scelte, decisioni e azioni, sia nell’ambito delle relazioni personali che in quello della vita politica e sociale (per approfondire cliccare qui).

 

3 Per i dati a livello regionale e comunale, cliccare qui.

 

4 Il mapunzungun è la lingua parlata dai Mapuche di questa zona. Ne esistono diverse varianti, di cui la più nota è in genere il mapudungun (parlato più a nord).

 

5 In Sudamerica, solo Il Cile, l’Uruguay e il Suriname mancano di un riconoscimento esplicito dei popoli indigeni presenti nei rispettivi territori. Per approfondire il tema, anche riguardo alla Costituzione cilena dell’80, cliccare qui.

Nuovi volontari in Servizio Civile COMI a Malalhue, Lanco.

Dopo alcuni giorni di viaggio siamo giunti finalmente nella sede del nostro anno di servizio civile. Si tratta della città di Malalhue, nel comune di Lanco, regione di Los Ríos, nella macrozona Sur. Al nostro arrivo siamo stati splendidamente accolti dai rappresentanti di Medema, la Organización Mujeres Emprendedoras de Malalhue, nostro partner locale.

Il progetto a cui Comi e Medema collaborano mira al rafforzamento del ruolo dei giovani, sostenendo il loro percorso personale, identitario e professionale, attraverso la diffusione fra i giovani della storia e della cultura mapuche.

Nella regione sono presenti, come in tutto in Cile, gravi disuguaglianze che si evidenziano nel campo dell’educazione, della salute, dell’accesso ai servizi e alle risorse, con particolare svantaggio per i popoli originari. La preziosa eredità sociale e culturale mapuche è in pericolo a causa del modello di sviluppo imposto dalle politiche neoliberali cilene a partire dagli anni ‘70.  La stessa Malalhue è circondata da pini ed eucalipti, piante non autoctone, monoculture in mano alle imprese forestali che alterano l’equilibrio ambientale della regione e che hanno ridotto notevolmente i terreni coltivabili. Da un’indagine portata avanti dal Comi nel 2018-19 è emerso che il 90% dei giovani del comune di Lanco fra i 13 ei 19 anni dichiara di conoscere poco o superficialmente la cultura Mapuche. Questa precaria condizione identitaria, unita alla forte disoccupazione ed emigrazione giovanile, è una delle cause principali dell’alto consumo di alcol e droga tra i giovani.

Nel nostro primo incontro con Medema abbiamo avuto modo di presentarci e di conoscere le donne contadine e imprenditrici che lo compongono, e nonché le loro famiglie. Il loro lavoro è tanto difficile quanto importante. Da anni, esse portano avanti un nuovo progetto di vita e di lavoro collettivo, nel solco della tradizione comunitaria mapuche.

Attraverso il programma di sviluppo rurale condividono momenti tipici della tradizione agraria indigena, in particolar modo per quanto riguarda la coltura dei fagioli e delle piante medicinali. Patrocinano ed organizzano fiere e mercati nei quali vendono prodotti agricoli, ma anche artigianali, come la lana intessuta con il telaio tradizionale. La vita agricola, salute ed il benessere fisico, la trasmissione della cultura ancestrale si mescolano nei progetti che queste donne portano avanti quotidianamente, lottando contro la disgregazione del proprio tessuto sociale.

Per noi civilisti Comi è un privilegio ed un’opportunità poter condividere una parte di questo percorso insieme a loro. Da parte nostra, con il supporto del nostro supervisore locale, Pilar Reuque, intendiamo innanzitutto fornire tutto l’aiuto possibile a Medema nei suoi progetti. Vogliamo proporre diverse attività nelle scuole del paese, ad esempio laboratori di teatro, di musica, di utilizzo della tecnologia, ed altre rivolte alla cittadinanza, come una radio comunitaria, tornei sportivi, presentazioni di libri ed eventi culturali.

Siamo appena arrivati, e stiamo iniziando a comprendere la complessità di una realtà così affascinante e piena di contraddizioni. Di fronte a noi ci sono tante sfide impegnative ma stimolanti. Abbiamo una grande voglia di metterci in gioco e soprattutto di apprendere.

Il primo appuntamento e banco di prova sarà martedì 2 Agosto, in occasione dell’inaugurazione del mercato in piazza Malalhue. Speriamo di riuscire a dare il nostro apporto in modo utile e costruttivo. Pewkayall!

Trawün Mapuche a Malalhue

 

Trawün1 Mapuche a Malalhue: verso una nuova Costituzione plurinazionale

A Malalhue, Région de los rios, si è svolto venerdì 14 e sabato 15 gennaio il Trawün Mapuche Constituyente Fütawillimapu2, con la presenza dei costituenti Victorino Antilef, Natividad Llanquileo, la machi3 Francisca Linconao e Alexis Caiguan, eletti nell’assemblea costituente nei seggi riservati per i pueblos originarios del Cile, le popolazioni di queste terre prima che vi arrivassero Colombo e gli europei.

Il processo costituente in Cile ha avuto inizio formalmente con il referendum del 25 ottobre 2020, sotto il governo di Sebastian Piñera, in carica fino all’11 marzo 2022, nel tentativo di disinnescare le forti proteste iniziate nell’ottobre 2019 e placatesi soltanto a causa della pandemia da covid a marzo 2020; queste contestazioni, denominate in Cile estallido social, hanno portato in piazza milioni di persone, dando vita a manifestazioni massive che sono partite da Santiago e si sono diffuse in tutto il Paese.

Il 15 e 16 maggio 2021 si è votato per scegliere le e i 155 membri dell’assemblea costituente, nella quale 17 seggi sono riservati alle popolazioni originarie; di questi ben sette seggi sono destinati al pueblo Mapuche, due al pueblo Aymara, uno per i pueblos diaguita, colla, atacameño, quechua, yagán, kawésqar, chango y rapa nui, mentre il pueblo afrodiscendente cileno è rimasto escluso. Oltre ai seggi riservati ai pueblos originarios, un altro passo storico nel loro riconoscimento è rappresentato dall’elezione come presidenta della Convención constitucional di Elisa Loncon, accademica, linguista e attivista mapuche. La costituente inoltre vede una forte maggioranza di forze di sinistra, molte delle quali  apartitiche e indipendenti dagli storici partiti cileni.

La Costituzione che è in processo di scrittura e che dovrebbe essere approvata con un referendum ad agosto o settembre 2022, salvo rinvii, andrebbe a sostituire quella del 1980, emanata dal consiglio di Stato del regime militare di Pinochet e quindi sua eredità diretta, approvata con un referendum e successivamente modificata soltanto in alcune parti. L’intenzione delle forza di sinistra che partecipano alla Convención Constitucional è quella di cambiarlo todo, di cambiare completamente il sistema, creare un Cile che riconosca i diritti civili e sociali, con un’attenzione particolare ai temi della democratizzazione del sistema politico, della riduzione delle disuguaglianze, della salute, dell’educazione, del femminismo, dell’ambiente e dei diritti all’acqua. 

Per quanto riguarda i pueblos e nazioni preesistenti allo stato cileno, l’inclusione nel processo di scrittura costituzionale passa per la creazione della Commissione sui  Diritti dei Popoli indigeni e Plurinazionalità, incaricata di elaborare un “Documento base” fondato sul diritto proprio dei pueblos originarios e i trattati internazionali, come la Convenzione ILO 169 e la Dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni della Nazioni Unite, che garantiscono la partecipazione dei popoli originari nelle decisioni che possono riguardarli4. Per poter elaborare tale Documento base, sono stabiliti cinque principi fondamentali, in base ai quali si è stilata un catalogo di diritti da includere nella nuova Costituzione, se condivisi dai popoli originari. 

Il primo è il principio di Plurinazionalità e libera determinazione dei popoli, e reclama la creazione di un Cile plurinazionale, che riconosca in Costituzione l’esistenza di diverse nazioni preesistenti allo Stato cileno con diritto all’autodeterminazione, sfidando di fatto la nozione occidentale dello Stato che si fonda sull’assunto dell’unità inscindibile di Stato e nazione. 

Il secondo principio riguarda l’interculturalità e la decolonizzazione, e si propone di decolonizzare il pensiero per poter riconoscere, su un piano di uguaglianza e rispetto mutuo, le diverse forme di conoscenza, le differenze tra le culturale e le loro forme di concepire, vedere e conoscere il mondo, rendendo possibile un dialogo orizzontale che dia valore alle differenze.

Il terzo fondamento è il Buen Vivir, vivere bene, chiamato Kume Mongen dal pueblo Mapuche e Suma Qamaña dal pueblo Aymara. Si tratta della vita in pienezza, una forma di vivere in equilibrio e in comunità, nella quale gli essere umani e la natura si complementano; una convivenza pacifica nella quale la persona è in armonia con se stessa, con le altre persone e con la natura che la circonda. 

Il quarto garantisce la cura e il rispetto dei diritti della natura, individuandola anche come soggetto di diritto, e riconosce i popoli originari come curtoni degli equilibri naturali nei loro territori ancestrali, oltre al vincolo spirituale dei popoli con i loro territori.  

Il quinto principio stabilisce infine l’uguaglianza e la proibizione della discriminazione, ribandendo che le persone  i popoli originari sono liberi e uguali a tutte le altre persone e popoli, e per questo non possono essere distriminati nell’esercizio dei loro diritti, in partucolare in relazione alla loro origine e identità indigena5.

Nonostante le speranze riposte nel processo costituente, ovviamente le forze politiche presenti nella Convención sono diverse, e ci sono forti timori riguardo alle reali possibilità di approvazione del testo attraverso il referendum, e diverse perplessità riguardo ai tempi limitati a disposizione delle e dei Costituenti e alla necessità della maggioranza dei due terzi in assemblea per poter inserire norme nel testo costituzionale, fattori che potrebbero disinnescare, almeno in parte, la radicalità delle istanze. 

Il Trawün, che si è svolto in occasione delle Settimane territoriali, è stato organizzato da Victorino Antilef e da Carmen Caifil, candidati in coppia elettorale per garantire la parità di genere ed eletti come rappresentanti Mapuche della Région de los Ríos nella Costituente; Victorino Antilef non solo rappresenta le Regioni di Los Ríos, Los Lagos y Aysén nella Convenzione, ma è originario proprio dalla Comunità Mapuche de Antilhue, nella Comuna di Lanco. Lo scopo dell’incontro era da un lato quello di dialogare con le comunità Mapuche della Région de los Ríos sui principi, le istanze e i punti fondamentali da inserire nella nuova Costituzione, in modo da poterli proporre alle diverse Commissioni, dall’altro quello di incentivare le comunità stesse a proporre norme da inserire nel testo costituzionale, dal momento che per le popolazioni indigene sono previste modalità particolari di proposta6, con numeri molto inferiori rispetto alle normali iniziative di legge.

Tuttavia, le popolazioni originarie non hanno un’opinione omogenea rispetto al processo costituente e alla fiducia da dare alle istituzioni; durante il primo giorno di riunione sono sorti parecchi dubbi sull’opportunità per la popolazione Mapuche di partecipare a un’istanza convocata dallo Stato, insertandosi in un processo per il riconoscimento dei diritti dei pueblos originarios all’interno dello Stato cileno, di fatto fortificando lo stesso sistema statale responsabile di aver sottratto le terre al pueblo Mapuche. Da un lato, il popolo Mapuche ha un trattato ancora vigente con lo Stato cileno, il trattato di Tapihue del 1825, che riconosce le terre al Sud del Bio Bio come territorio Mapuche, dall’altro l’inserimento in una logica statale rischia di disinnescare le possibilità di autonomia e autogoverno delle popolazioni originarie.

Durante le due giornate di lavoro svoltesi a Malalhue, c’è stato un primo momento di discussione durante il quale questi temi, dubbi, perplessità, paure e critiche sono state evidenziate e dibattute, e un secondo momento in cui, alla luce anche delle discussioni precedenti, ci si è divisi in gruppi di lavoro e si è provato a fare delle proposte più concrete rispetto a ciò che si vuole inserire nella nuova Costituzione, al netto della sfiducia della sua efficacia reale per il pueblo Mapuche. Come ha rimarcato la machi Francisca Linconao, che è stata in carcere per la sua attività di defensora dei diritti umani e dei territori ancestrali Mapuche in opposizione all impresa Palermo, l’obiettivo ultimo è l’autonomia e l’autodeterminazione del pueblo Mapuche, nonché il recupero di tutte le terre ancestrali che sono state sottratte alle comunità; le singole persone, comunità o loffe7 possono e devono scegliere se includere o meno il sostegno al processo istituzionale tra le strategie, o se proseguire la lotta con altre modalità e seguendo altri cammini.

Essere in Cile in questo momento storico di cambiamento è sicuramente un’opportunità per poter osservare da vicino il processo, sia dal punto di vista istituzionale sia per come viene recepito dalle persone del territorio, e per poter seguire da vicino come si evolverà il processo di scrittura della nuova Costituzione cilena.

1Riunione in cui si prendono decisioni, accordi

2Gran territorio del Sud in Mapudungun

3Figura spirituale Mapuche, colei che cura le malattie e comunica con gli spiriti

4Consulta_Indigena-Documento_Base-es.pdf

5Consulta_Indigena-Documento_Base-es.pdf

6Sono sufficienti infatti 3 comunità o 5 associazioni o 3 associazioni rappresentanti dei pueblos originarios o un cacicato riconosciuto o 120 persone appartenenti a pueblos originarios.

7É la forma basica di organizzazione sociale del pueblo mapuche, consistente in un clan familiare o lignaggio che riconosce l’autorità di un lonco.

 

Iniziano le nuove attività di COMI a Malalhue

Dopo due mesi e mezzo in Cile, durante i quali siamo stati accolti e inseriti con delicatezza e attenzione nel contesto di Malalhue, abbiamo iniziato ad individuare alcuni dei bisogni più evidenti e provare a proporre delle attività per affrontarli. Quello di Malalhue, Région de los rios, Chile, è un contesto complesso, nel quale è difficile cogliere immediatamente le dinamiche di relazione tra le persone e le famiglie, i rapporti con il mondo umano e non umano, il complesso tessuto di scambi materiali e immateriali, di doni e restituzioni che si configura in una trama di simboli da decifrare e interpretare costantemente.

In questo contesto così complesso, una delle prime questioni che abbiamo individuato è la scarsità di stimoli artistici e culturali, soprattutto per le persone più giovani che abitano la comunità, e l’assenza di spazi di aggregazione nei quali sia possibile creare comunità e relazioni, stimolare la creatività, pensare e agire collettivamente. Per questo abbiamo pensato di proporre tre percorsi, che si svilupperanno in primis durante il periodo estivo, ma che probabilmente proseguiranno per tutto l’anno, cercando di raggiungere persone di età e interessi diversi.

In primo luogo abbiamo deciso di proporre un centro estivo, per offrire ai bambini e alle bambine di Malalhue un contesto educativo e di divertimento, nel quale sperimentare modi diversi di stare insieme, distinte forme artistiche, attività di cooperazione e di espressione. Ogni mercoledì, nel tardo pomeriggio per poter sopravvivere al caldo intenso dell’estate malalhuina, ci troviamo nel campo di futbol per condividere un momento con bimbi e le bimbe, giocando, facendo laboratori di costruzione, stimolando le loro capacità espressive attraverso giochi teatrali e di espressione, raccontando storie per incentivare la loro creatività. 

Un’altra attività che stiamo promuovendo è lo yoga, pensato per stimolare le persone a prendersi dei momenti per loro stesse, per equilibrarsi e prestare attenzione al proprio corpo e alla relazione del proprio corpo con la mente; ogni giovedì Angi guida le persone che partecipano agli incontri in diverse asana e in un rigenerante momento di rilassamento, lo yoga nidra. Un’attività come lo yoga offre la possibilità di prendersi cura del proprio corpo e della propria mente, e di alleviare i dolori derivanti dagli sforzi fisici quotidiani e intensi cui le persone di Malalhue sono abituate.

In ultimo, ogni giovedì organizziamo un cineforum nella piazza o nel centro comunitario di Malalhue, proiettando ogni volta un film che possa stimolare una riflessione o un dibattito con le persone. Per poter convogliare i diversi interessi ed età, alternando un film rivolto alle famiglie, ai bambini e alle bambine, con l’intento di offrire loro un momento di aggregazione e di divertimento comune, a uno rivolto ai ragazzi e alle ragazze, per provare a costruire con loro uno spazio di riflessione collettiva, un luogo in cui incontrarsi in modo nuovo e differente. 

Tutte le attività hanno ricevuto una calda accoglienza da parte delle autorità locali, tanto che sono supportate e proposte in collaborazione con l’Area Delegazione Municipale di Malalhue del Comune di Lanco, ufficio introdotto recentemente dal neo sindaco Juan Rocha Aguilera.

Speriamo di poter proporre presto altre attività qui a Malalhue!

Secondo anno di semina comunitaria

Cile - Secondo anno di semina comunitaria

Siamo nella regione de Los Rios (384.837 abitanti), la 14° del Cile, situata al sud dell’Araucania, zona sottoposta a  stato di emergenza per gli scontri verificatisi tra le autorità nazionali e i manifestanti Mapuche in lotta per il recupero delle loro terre ancestrali,. Al nord della regione troviamo Lanco, Comune che conta con una popolazione di 16.752 abitanti e che ospita il piccolo pueblo di Malalhue, che insieme ai suoi 4.559 abitanti, 3.061 urbani, 1.498 zone rurali, accoglie MEDEMA (Mujeres Emprendedoras de Malalhue), una delle più di 600 organizzazioni comunitarie registrate nella Segreteria Municipale. Fondata nel maggio del 2014, MEDEMA, partner locale di COMI (Cooperazione per il Mondo in Via di Sviluppo), è composta da donne Mapuche impegnate nello svolgimento di attività a sfondo socio culturale e agricolo al fine di promuovere l’artigianato e le tradizioni locali.

COMI coopera con Medema a Malahue dal 2015, e questo è il secondo anno nel quale le due organizzazioni collaborano per costruire progetti di sostegno all’agricoltura di comunità, progetto iniziato nel 2019, rivelatosi doppiamente importante e determinante in tempi di Covid 19.

In questo anno, un sostegno importante è venuto anche dall’Ente statale FOSIS (Fondo de Solidaridad e Inversión Social) che insieme a COMI ha reso possibile aumentare la superficie di terreno seminato – nel primo anno un’ettaro – ad un’ettaro e mezzo, acquistando fagioli e fertilizzante, oltre a costruire un cerco (recinto) intorno all’ettaro di campo seminato a fagioli, condizione indispensabile per poter coltivare in un luogo in cui gli animali selvatici rischierebbero di compromettere fortemente il raccolto. La scelta di appoggiare economicamente un’agricoltura locale e comunitaria è legata da un lato alla consapevolezza della fragilità dell’agricoltura di sussistenza, dall’altro alla volontà di sostenere la soberania alimentaria delle comunità e quindi, allo stesso tempo, incentivare il loro controllo sulla produzione e il consumo, la promozione dei prodotti locali e l’indipendenza rispetto ai mercati internazionali.

Il supporto non si limita però soltanto all’aspetto economico, ma si indirizza anche a un sostegno quotidiano e relazionale, a una partecipazione concreta ai progetti promossi nel pueblo di Malalhue e le comunità Mapuche che lo circondano, popolazione con una cosmovisione collettiva, comunitaria per essenza. Il primo giorno della semina di fagioli (siembra de porotos) è coincisa quest’anno anche con il primo giorno di servizio delle quattro civiliste e civilisti italiani che partecipano al progetto di servizio civile, nel quale saranno impegnati fino a giugno.

Sono stati giorni di immersione totale nella vita del campo e della comunità di persone che ci stava lavorando, di fatica intensa ma anche di contatto diretto con la Ñuke Mapu, la Madre Terra. Quattro giorni di durissimo lavoro in cui le donne di MEDEMA, con il supporto di contadine e contadini locali e delle volontarie e volontari italiani, hanno portato a compimento la semina nei campi di El Avellanito e di Panguinilahue Alto. Un ettaro e mezzo di terra e più di cento chili di una grande varietà di semi piantati senza il supporto di alcun macchinario. Dai solchi scavati alla semina dei porotos, passando per la fertilizzazione del suolo, tutto è stato realizzato interamente a mano. Un lavoro eccellente per la cui riuscita si è rivelato fondamentale il fortissimo spirito di lavoro collettivo che ha caratterizzato i giorni della siembra. Familiari e civilisti/e si sono riuniti per quattro giorni di lavoro, durante i quali non sono mancati intensi momenti di aggregazione e condivisione.

Nonostante ciò, Margarita, campesina co-fondatrice di MEDEMA, durante un’uscita al campo, spiega come l’apporto di tecnologie agricole avanzate sarebbe cruciale per migliorare la produttività, nonché per ridurre notevolmente il grande carico di lavoro umano. Insieme a lei, la presidente di MEDEMA, Maria, chiarisce che l’attività di semina di fagioli si è valorizzata molto di più all’incirca un anno fa in risposta alla crisi del COVID-19 e al blocco dei trasporti, quando la scarsità di generi alimentari ha iniziato a colpire fortemente la comunità di Malalhue. Iniziare a produrre fagioli in maggiori quantità, raccontano, sarebbe potuto essere d’aiuto all’autosufficienza e alla sicurezza alimentare non solo dei membri di MEDEMA e delle rispettive famiglie, ma anche del resto della comunità locale. Inoltre, incentivare la coltivazione di fagioli è uno strumento per promuovere, a livello cittadino, la consapevolezza rispetto ad un’alimentazione sana, riducendo il consumo di cibi processati, considerato una delle piaghe locali.

In risposta a tale necessità, pochi giorni fa, il Comune di Lanco, ha promosso l’apertura di un mercato ortofrutticolo, Mercadito de pequeños agricultores, gestito e fortemento voluto dalle associazioni locali El Huerto, con la sua presidenta Sonia Trabol, e Kiñe Wayiñ (Un solo gruppo in Mapudungun, la lingua Mapuche), che per oltre un anno si sono impegnate nella ricerca di un nuovo spazio che potesse valorizzare maggiormente i loro prodotti. Come hanno sottolineato i discorsi delle autorità locali e delle due organizzazioni partecipanti, questa iniziativa è un’occasione per recuperare il concetto emblematico che la unión hace la fuerza. Inoltre, Maria ci spiega come la cooperazione tra comunità sia fondamentale per il ripristino della soberania alimentaria, tema e obiettivo fondamentale per uno sviluppo sostenibile, in ottica locale e globale.

Un progetto piccolo, le cui prospettive rispecchiano la volontà di cercare soluzioni ad uno stile di consumo che troppo spesso causa non poche problematiche, dalla dipendenza economica allo scorretto apporto nutritivo.

Le potenzialità sono ampie e la semina è solo un primo passo verso un processo che necessita di tempo, risorse e impegno continuativo.

SENEGAL – Inaugurazione della mini latteria nel villaggio rurale di Ndiao Bambaly.

Nelle scorse settimane abbiamo visto concretizzarsi uno degli obiettivi del progetto in corso in Senegal e cioé la creazione di una mini latteria nel villaggio rurale di Ndiao Bambaly.

Il progetto è realizzato in partenariato con:

  • SIVtro-Veterinari Senza Frontiere Italia
  • Servizio Regionale   dell’Allevamento (Service Elevage)
  • AVRB -Associations des Villages Rivérains du Bao Bolong
  • ANPEJ – Agenzia Nazionale per la promozione dell’occupazione giovanile
  • PAFILKAF – Plateforme d’innovation pour la chaîne d’approvisionnement en lait local de Kaffrine
  • Scuola di Bioscienze e Medicina Veterinaria dell’Università di Camerino (MC)

Con una missione di Veterinari Senza Frontiere VSF si sono realizzate le attività conclusive che hanno premesso la prima giornata di lavoro della latteria il 25novembre 2020. L’evento ha coinvolto gli allevatori del villaggio e le donne trasformatrici del latte.

l progetto della latteria è cofinanziato con fondi Otto per Mille Valdese e Regione del Veneto
Al termine è stato anche possibile degustare dell’ottimo formaggio spalmabile frutta della formazione realizzata da Veterinari Senza Frontiere VSF – Italia in collaborazione con la direttrice del servizio regione allevamento di Kaffrine.
Di seguito alcune immagini di questa importante iniziativa.

Cile – Uno squarcio di sereno nella “tempesta” del Covid-19

E’ partito il progetto del COMI di sostegno alla popolazione  per l’emergenza Covid nell’mabito della campagna FOCSIV-Caritas “Insieme per gli ultimi“.

La pioggia. La signora di queste terre è la pioggia: fitta, incessante, quotidiana; se ti poni davanti alla finestra per guardare fuori ti illude: assomiglia a una tenda, una fluida e trasparente tela d’ acqua.  E grazie a lei prende vita il fango, così ricco e pesante! Ti si attacca alle scarpe ad ogni passo e a volte, le caviglie, provate, fanno male.  In mezzo a tutto questo, Juanita cammina veloce per la strada. Avvolta da un vento freddo e con le dita un po’ intorpidite scrive su whatsapp un messaggio: vuole la cassetta di alimenti che il governo ha promesso per l’emergenza Covid 19 ma non sa come fare, non è giovanissima e non ha familiarità con piattaforme, con internet.  Dall’altra parte del telefono Pilar legge, riflette un pò, poi va al computer e si collega al web  …

Ogni giorno, al numero del Comi tante richieste! A questo sportello nato per facilitare il dialogo con le istituzioni, i Mapuche si rivolgono per informarsi, capire e usufruire degli aiuti che le Istituzioni hanno destinato alla popolazione sferzata dalla pandemia. Quelli di loro che vivono in città sono stati duramente colpiti dalla crisi e quelli delle campagne, apparentati alla lontana ma comunque uniti dallo stesso sentimento di appartenenza, hanno fatto sacrifici notevoli per sostenerli, soprattutto se anziani.

Pilar chiama, chiede, insiste, sollecita, si accalora mentre espone le situazioni dei suoi e non molla fino a quando non ottiene quello che si era prefissa. E una volta risolto il problema avverte: Ti ho stampato il foglio che ti serviva …. Vieni a prenderlo … ci saluteremo a distanza ma almeno ci conosceremo!

Oggi è stata una buona giornata ma non va sempre così. Domani la sfida ricomincia.

foto di Pilar Reuque

 

 

Per saperne di più sul nostro progetto clicca qui  https://www.comiong.it/cile-2

 

 

Per avere maggiori informazioni su tutta la campagna e sui tanti progetti in corso visita il sito http://www.insiemepergliultimi.it